Nuove tensioni nella città di Daraa, circondata dai carri armati
Siria, la polizia spara sui manifestanti
Gli agenti hanno sparato contro il corteo che chiedeva l'abolizione della legge d'emergenza in vigore dal 1963
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Nuove tensioni nella città di Daraa, circondata dai carri armati
Siria, la polizia spara sui manifestanti
Gli agenti hanno sparato contro il corteo che chiedeva l'abolizione della legge d'emergenza in vigore dal 1963
DAMASCO - Il regime di Assad cerca di rispondere con la proposta di riforme alla situazione interna sempre più difficile, ma la tensione riesplode di nuovo. Dopo giorni di proteste sanguinose, alla popolazione in rivolta non è bastato l'annuncio dei vertici del partito Baath di voler abrogare la legge d'emergenza in vigore da 48 anni. Spari in piazza (Al Jazeera)
LA POLIZIA HA APERTO IL FUOCO - La polizia siriana ha infatti aperto il fuoco contro alcune centinaia di manifestanti che protestavano nella città di Daraa, nel sud della Siria, già teatro di violenze nei giorni scorsi. Lo riferisce la tv satellitare Al-Arabiya, secondo la quale la polizia avrebbe duramente represso la manifestazione indetta per chiedere l'abrogazione della legge d'emergenza in vigore nel paese dal 1963. La notizia è stata invece smentita dal regime. Successivamente però carri armati dell'esercito siriano hanno circondato Daraa, capoluogo della regione meridionale e teatro da dieci giorni di accese proteste anti-regime.
LA LEGGE - «La decisione di abrogare la legge di emergenza è stata già presa ma non so quando verrà applicata», aveva detto in precedenza Boussaina Shaabane il consigliere del presidente Bashar Al-Assad. La legge, instaurata immediatamente dopo l'arrivo al potere della partito Baath nel marzo 1963, impone restrizioni sulla libertà di riunione e di spostamento, e permette l'arresto di «sospetti o di persone che minacciano la sicurezza». In questo modo è possibile sorvegliare le comunicazioni e fare un controllo preliminare su i giornali, le pubblicazioni, le radio e tutti i mass media. Secondo al Arabiya, che ha annunciato per martedì le dimissioni del governo, è imminente l'approvazione di una nuova legge sulla stampa riguardo la prevenzione della carcerazione dei giornalisti. Il regime, ha aggiunto la tv satellitare araba, modificherà inoltre l'articolo 8 del primo paragrafo della costituzione del Paese, che stabilisce che quello Baath è il partito guida della Siria. Il presidente Asad inoltre ha già autorizzato un aumento dei salari dei dipendenti pubblici pari al 20% dell'attuale retribuzione. Secondo gli analisti è però difficile pensare a una vera riforma all'interno del sistema, soprattutto perché la corruzione e le politiche di privatizzazione economica hanno creato un arricchimento di tutto il clan legato alla famiglia Assad: ma come dimostrano gli esempi egiziano o tunisino, senza un compromesso in tempi rapidi quella siriana rischia di essere la prossima rivoluzione. La Siria di Bashar al Assad del resto è un Paese totalitario dove l'ordine regna supremo e l'islam è diventato progressivamente più radicale. Il governo siriano è dominato dagli alawiti, una setta sciita che rappresenta solo il 10 per cento circa della popolazione in un paese sunnita al 75%. Alla sua elezione, nel giugno del 2000, Assad annunciò un pacchetto di riforme - soprattutto in materia di apertura al liberismo economico - noto come la «Primavera di Damasco», che però non è mai decollato con convinzione: troppo dura la resistenza della vecchia guardia, ostica al punto da costringere Assad a parlare di una «riforma economica attraverso una riforma politica», rivelatasi a conti fatti inesistente. E così, da un punto di vista politico, il paese non ha fatto registrare alcun progresso, neppure sul tema spinoso della pace con Israele.
ARRESTATI E POI LIBERATI DUE REPORTER DELLA REUTERS - Arrestati dalla polizia siriana e poi liberati due giornalisti di Reuters Television Il produttore Ayat Basma e il cameraman Ezzat Baltaji sono finiti nelle mani della polizia siriana mentre coprivano le manifestazioni popolari di protesta. Successivamente sono stati liberati dalle autorità siriane e sono tornati a Beirut.